Dalla Cina con Fetore
Dalla Cina con Fetore
Di Andrea Cecchi 31-3-2016
Una cara amica di famiglia ci ha raccontato che durante un viaggio d’affari nell’ inquinatissima capitale cinese, scendendo dall’albergo lussuoso dove era alloggiata con l’intento di fare due passi, appena varcata la porta girevole di cristallo, venne aggredita da una zaffata di puzza di merda mista a smog talmente letale che le fece far subito dietrofront.
Restando nella metafora del fetore cinese vediamo adesso che tipo di zaffata che arriva alla gola scoperchiandone gli altarini degli intrighi economici.
Il recente declassamento dell’outlook economico della Cina da parte di Standard & Poors ha confermato i numerosi interrogativi che persistono sulla credibilità riguardante l’effettiva crescita e salute della seconda o forse prima economia del mondo.
Anche se dal rapporto dell’agenzia di rating si attesta comunque una crescita del 6% annuo, uno sguardo ad un articolo uscito sul NYT il 29 marzo scorso fa nascere qualche interrogativo su quanto siano credibili i proclami, le informazioni e le comunicazioni ai mercati e agli investitori da parte degli organi ufficiali della Cina Stessa.
Ecco il link dell’articolo originale per chi volesse leggerlo:
http://www.nytimes.com/2016/03/30/business/dealbook/china-anbang-starwood-wu-xiaohui.html?_r=0
Innanzitutto, assistiamo ad una vera e propria fuga dei capitali dalla Cina verso soprattutto gli USA, ma anche verso le grandi capitali europee. Interrogati sul perché di questa scelta si sente rispondere con questi toni: “ nella Cina rurale non c’è niente da vedere mentre a Parigi c’è la Monnalisa”. Allora: se la crescita e le prospettive economiche cinesi fossero davvero così entusiasmanti , perché i ricchi cinesi decidono di investire all’estero, lontano dalla loro terra. Perché anche piccoli investitori comprano tutto ciò che non è cinese? Tanto che sulla costa ovest degli Stati Uniti e Canada e soprattutto a Seattle e Vancouver assistiamo ad una vera e propria esplosione del prezzo degli immobili, pilotato dall’inondazione di capitali cinesi in fuga. Sicuramente in tutto questo scenario c’è la volontà di un paese di appropriarsi di asset strategici esteri togliendoli quindi dal controllo dei proprietari occidentali; una nuova forma di imperialismo di colonizzazione finanziaria, ma c’è anche, forse , la possibilità non troppo remota, perché prevista da molti accorti osservatori ed analisti, che si verifichi il cosiddetto “hard landing” ovvero un crollo molto più pesante dell’intero modello di crescita che ha trainato la Cina fino ad ora.
L’articolo visionabile al link che ho sopra indicato ci fa conoscere uno degli uomini più ricchi della Cina: Wu Xiaohui. Il signor Xiaoui è al vertice del colosso assicurativo Anbang Insurance Group of China. Grazie al suo acume e alla sua dinamicità negli investimenti è stato spesso paragonato al noto investitore di Omaha Warren E. Buffett. Tanto per capire di chi stiamo parlando, l’Anbang è il gruppo che ha comprato il famosissimo Waldorf Astoria nel 2014 e che adesso ha presentato l’offerta per il gruppo Starwood Hotels.
Come quasi sempre accade in Cina, anche Mr. Wu proviene da una potente dinastia familiare, infatti è sposato con la nipote di Deng Xiaoping, il leader cinese dal 1978 al 1992. Tra i membri che siedono al vertice dell’Anbang Insurance Group troviamo anche Levin Zhu. Si tratta di uno dei direttori maggiormente influenti dell’azienda. Levin Zhu è figlio di un ex premier cinese e discendente di Zhu Enlai, figura prominente del partito comunista cinese collegato alla finanza ebraica americana grazie alle relazioni molto strette che aveva con la Rittenberg and Associates e forse è proprio da qui che viene fuori il nome poco cinese ” Levin” dell’attuale direttore dell’Anbang
Un’attenta analisi dell’assetto di controllo dell’Anbang mostra una struttura alquanto complessa dove l’azionariato di controllo è suddiviso tra 37 diverse società. I 37 azionisti sono collegati tra di loro da una serie di numeri di telefono, indirizzi email, e sovrapposizioni multiple di cariche e proprietà. Un vero e proprio groviglio che riconduce comunque sempre a fascicoli archiviati presso il governo cinese e resi disponibili online. Ad esempio: uno degli azionisti di Anbang – una società mineraria del carbone con sede nello Xinjiang- è di proprietà di un’altra società di nome Zhongya Huajin che dichiara che il suo rappresentante legale è Zhuo Ran, ma controllando, risulta che questi si è dimesso. Zhongya Huajin ha lo stesso sito web di un altro azionista di Anbang, una società immobiliare di Pechino. Entrambe hanno 4,6 miliardi di quote di Anbang; più del 7%. I reporter nel NYT riferiscono che non è stato possibile reperire nessuno dei titolari di queste società per eventuali commenti. I link dei loro siti web rimandano a siti pornografici e di scommesse online. Ci sono altri 5 azionisti che hanno la stessa email. Le telefonate squillano a vuoto e non viene risposto ai messaggi.
La Ambang Insurance Group of China non è che una delle tante mega società cinesi che stanno alla base di queste enormi operazioni di investimento estero nel settore alberghiero, immobiliare, industriale, energetico e finanziario ed è un esempio interessante di come sia difficile dipanare la matassa di controllo per capire veramente chi sta dietro a questi enormi movimenti di capitale e soprattutto la loro legittimità.
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