DETENUTO N°8496

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(ITA)
Giorno quattordici.
Mio Jeff, tu sei il sole; inizio a pensarti al mio risveglio e continuo finché non è ora di addormentarmi. Come sai qui dentro non posso vedere risplendere i raggi di luce, ma la mia immaginazione è più forte della realtà; oggi più che mai, perché mi sento così felice di averti chiesto la mano, anche se sono amareggiato dal poco romanticismo della proposta. Quando sarò libero da queste sbarre ti darò la proposta che hai sempre desiderato, saremo soli su una gondola nei canali di Venezia e, intanto che il gondoliere intona una serenata mi inginocchierò, in equilibrio precario, per chiederti l’onore di divenire tuo marito. Parlo troppo dei nostri sogni di libertà, mentre tu sarai più interessato a come sto adesso, in questo posto, come continuo a passare i miei giorni.
Stamattina, dopo la sveglia, mi sono ritrovato Ruben in piedi di fronte a me, con un sorriso che gli solcava il viso; mi ha allungato la mano e io ho afferrato quello che teneva stretto al suo interno, un pacchetto di sigarette. Credevo fosse uno stereotipo, ma qui dentro rimane un bene di lusso, una merce di scambio, la sigaretta è la valuta ufficiale della prigione. Era da moltissimo che non fumavo, ma lo stress si accumula qui dentro e ne avevo bisogno; ho scartato il pacchetto, estratto la sigaretta e ho chiesto un fiammifero alla guardia che passava. Più tardi Ruben mi ha detto che un pacchetto di fiammiferi costa cinque sigarette, lo terrò a mente per quando andrò a fare rifornimento al mercato clandestino della prigione. Ho afferrato il fiammifero con forza, lo strofinato lungo la parete ruvida per far scoccare la scintilla così da accendere la capocchia generando una fiamma giallo-rossa che emanava calore; era piacevole sentirlo tra le dita mentre correva lungo lo stelo di legno; infine ho avvicinato la fiamma alla punta della sigaretta, da cui cadevano piccoli trucioli di tabacco, e con l’aiuto di un paio di boccate l’ho accesa. Ho introdotto un’intensa e piacevole boccata di fumo, che inizia con un retrogusto quasi dolce sulla punta della lingua e continua e espandersi lungo la bocca attivando tutti i recettori del gusto fino a dare una piccola grattata alle pareti della gola; infine, dopo aver colmato i polmoni con le sostanze cancerose, ho espirato lentamente e con altrettanta piacevolezza per liberare gli alveoli. Ho finito con soddisfazione quella piccola gioia di vita e, come non mi succedeva da tutta la mia permanenza in cella, ho avuto un potente stimolo lassativo. Capisco possa essere un po’ disgustoso parlarti anche di questo, ma il senso di liberazione che ne è venuto mi ha fatto dimenticare, per un attimo, in che luogo fossi; per un momento mi sono sentito nel bagno di casa nostra a sfogliare una rivista, mentre ti sento cantare in sala, la tua voce melodiosa che mi riempie le orecchie. Tu sei sempre lì, nei miei momenti più intimi, e questo mi indora l’amara pillola, l’essere rinchiuso in questa gabbia.
Il resto del giorno è proseguito monotono, nessuna rissa, nessun accoltellamento, Ruben e io abbiamo parlato del più e del meno di vivere tra queste quattro mura così fredde, così tristi. L’ora d’aria è stata molto più godevole con il pacchetto di sigarette nella tasca destra. Ho acquistato un pacchetto di fiammiferi da un altro detenuto, piromane redento che ha trovato il Signore, ma che non riesce ancora a liberarsi del vizio. Ci siamo seduti su un’impalcatura simile a degli spalti a osservare la partita di basket che era in corso, fumando una sigaretta e commentando il gioco. Passata l’ora ci hanno scortato nelle celle dove mi sono scaricato per la seconda volta e, con il lauto pagamento di qualche sigaretta, ho acquistato anche un mazzo di carte. Abbiamo giocato fino a sera, Ruben è quasi imbattibile a Poker, ma una schiappa a Scala 40.
Voglio solo che tu sappia che sto bene, e che il mio cuore trabocca di amore per te. Domani dovrebbero arrivarmi le tue lettere, mi auguro che siano intonse. Aspetto solo di potermi riconciliare con te.
La mia vita è tua, DG.

(ENG)
Day fourteen.
My Jeff, you are the sun; I start thinking about my awakening and continue until it's time to fall asleep. As you know in here I cannot see the rays of light shining, but my imagination is stronger than reality; today more than ever, because I feel so happy to have asked you for your hand, even if I am embittered by the little romanticism of the proposal. When I am free from these bars I will give you the proposal you have always wanted, we will be alone on a gondola in the canals of Venice and, while the gondolier intones a serenade, I will kneel, in precarious balance, to ask you the honor of becoming your husband. I talk too much about our dreams of freedom, while you will be more interested in how I am now, in this place, as I continue to spend my days.
This morning, after the alarm clock, I found myself standing in front of me, with a smile that crossed his face; he stretched out his hand and I grabbed what he held tight inside, a pack of cigarettes. I thought it was a stereotype, but in here it remains a luxury item, a bargaining chip, the cigarette is the official currency of the prison. I hadn't smoked for a long time, but stress builds up in here and I needed it; I unwrapped the packet, took out my cigarette and asked for a match from the passing guard. Ruben later told me that a pack of matches costs five cigarettes, I will keep that in mind when I go to refuel at the clandestine prison market. I grabbed the match vigorously, rubbed it along the rough wall to ignite the spark so as to ignite the head generating a yellow-red flame that gave off heat; it was pleasant to feel it between his fingers as he ran along the wooden stem; finally I brought the flame closer to the tip of the cigarette, from which small chips of tobacco fell, and with the help of a couple of puffs I lit it. I introduced an intense and pleasant puff of smoke, which begins with an almost sweet aftertaste on the tip of the tongue and continues and expands along the mouth activating all the taste receptors until it gives a small scratch on the walls of the throat; finally, after filling the lungs with the cancerous substances, I exhaled slowly and with equal pleasure to free the alveoli. I finished with satisfaction that little joy of life and, as it hadn't happened to me since my entire stay in the cell, I had a powerful laxative stimulus. I understand it may be a little disgusting to talk to you about this too, but the sense of liberation that came from it made me forget, for a moment, where I was; for a moment I felt in the bathroom of our house leafing through a magazine, while I hear you singing in the room, your melodious voice filling my ears. You are always there, in my most intimate moments, and this decorates me with the bitter pill, being locked up in this cage.
The rest of the day went on monotonously, no fight, no stabbing, Ruben and I talked about the plus and minus of living within these four walls so cold, so sad. The hour of air was much more pleasant with the pack of cigarettes in the right pocket. I bought a packet of matches from another inmate, a redeemed arsonist who found the Lord, but who still can't get rid of the vice. We sat on a scaffolding similar to the stands to watch the basketball game that was going on, smoking a cigarette and commenting on the game. After an hour they escorted us to the cells where I downloaded for the second time and, with the generous payment of a few cigarettes, I also purchased a deck of cards. We played until the evening, Ruben is almost unbeatable in Poker, but he sucks at Scala 40.
I just want you to know that I'm fine, and that my heart is overflowing with love for you. Your letters should arrive tomorrow, I hope they are unbroken. I'm just waiting to be able to reconcile with you.
My life is yours, DG.