Startup Italia o Italia delle startup? Fare impresa nel Belpaese tra falsi miti e reali difficoltà

in #innovation7 years ago (edited)

L’Italia delle startup innovative: è davvero così difficile fare impresa nel nostro Stivale? 

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In un’Italia del “no” ai corsi in lingua inglese e di altrettanti veti contro i (bravi) direttori stranieri dei musei italiani, che ne è delle startup innovative?

L’Italia delle startup e dell’innovazione esiste, ma arranca moltissimo. Il Belpaese – complice probabilmente la scarsa alfabetizzazione digitale – sembra non voler decollare del tutto e inciampare in mancanze che rischiano di diventare delle vere e proprie vette invalicabili. Esaminando il 14esimo report redatto dal Ministero dello Sviluppo Economico scopriamo che nel Belpaese sono nate ben 1000 nuove startup solo negli ultimi sei mesi del 2017, 460 delle quali solo negli ultimi tre mesi. Un dato incoraggiante, se non fosse che quasi un’impresa innovativa su 4 – delle 8931 totali (dati al 31/12/201) – è situata in Lombardia. Così come succede per l’imprenditoria classica, quindi, anche nel caso delle startup innovative è il nord Italia a dominare la scena con la sola eccezione del territorio intorno alla Capitale. A trainare la carovana dell’innovazione italiana sono infatti Lombardia, Emilia Romagna e Lazio rispettivamente con 1959, 862 e 825 startup. Molto interessante, d’altro canto, la tendenze ad investire riscontrata nelle startup: il rapporto tra immobilizzazioni e attivo patrimoniale risulta infatti pari al 27,24% , 8 volte superiore alle imprese tradizionali.    

I numeri ci sono, le idee anche così come la voglia di migliorare: cosa manca? La prima risposta è tanto semplice quanto preoccupante: mancano gli investimenti in startup innovative, soprattutto dal pubblico. Nonostante la macchina statale e il Ministero dello Sviluppo Economico si siano mossi attivamente, dal 2012 ad oggi, nel creare una buona base di partenza per le imprese innovative, l’Italia resta indietro. Se nella vicina Francia sono stati infatti investiti circa 2 miliardi di euro per le startup, nel Belpaese siamo fermi a circa 100 milioni di euro. Un dato ancora più preoccupante se confrontato con quello della Gran Bretagna, regina indiscussa del mondo dell’innovazione con oltre 3,5 miliardi di investimenti.

Ma come sopravvivono le startup italiane? Se molte idee sono talmente vincenti da volare letteralmente senza grandi supporti da parte del pubblico o del privato, sono altresì molte le startup – soprattutto dell’hi-tech – che guardano verso gli investimenti esteri per crescere. Secondo gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano pubblicati il 30 novembre 2017, durante l’ultimo anno è cresciuta del 163% la fiducia degli investitori esteri  tanto che il 36% dei fondi a disposizione delle nostre imprese innovative è dovuto proprio a finanziamenti provenienti dall’estero.

Il vero problema, però, è la mancanza di una cultura dell’innovazione: nel 2017, a fronte di un calo di circa 20 milioni di euro di investimenti formali, si è registrato un aumento del 10% di investimenti informali derivanti da business angel indipendenti, angel network ma soprattutto dall’equity crowdfunding. Dati che potrebbero migliorare notevolmente se l’Italia cambiasse radicalmente paradigma: nel Belpaese, infatti, aleggia ancora il terrore degli investimenti ad alto rischio così come del fallimento.

Mentre le startup italiane aumentano quantitativamente e qualitativamente, l’Italia delle startup continua a non essere all’altezza degli attori presenti sul nostro territorio. Idee vincenti, incubatori e acceleratori – in un Paese in cui l’imprenditoria non è mai stata vista di buon occhio – non bastano.

Ne è la prova il report presentato proprio oggi a Roma, durante lo StartupDay, realizzato da Mind The Bridge. I dati mostrano un ecosistema in “Slow Motion”, in cui le scaleup – le startup che hanno raccolto almeno un milione di dollari – sono solo 135, dato che ci colloca direttamente all’11esimo posto del panorama europeo. “Startup Europe ha bisogno di un’Italia forte e siamo fiduciosi che vengano prese le misure necessarie per ridurre questo divario” affermano da Bruxelles, soprattutto in vista delle elezioni del 4 marzo prossimo.

A questo punto non rimane che rispondere al quesito iniziale. Fare impresa in Italia è complicato, sfiancante ma necessario: il mondo delle startup è l’unica soluzione di sopravvivenza del Belpaese, insieme all’Industria 4.0. E’ importante che le imprese innovative “svecchino” un panorama imprenditoriale retrogrado, spaventato dal fallimento e frenato da un sistema Paese caotico e ostile alla modernità.   

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2 miliardi Francia contro 100 milioni Italia, un rapporto 20 a 1! Perché mi chiedo, da cosa dipende un divario così ampio?

Innanzitutto in Francia, così come in Gran Bretagna e Germania, sono partiti prima. Non solo: il nostro Paese fatica ad investire nell'innovazione se non fornendo semplici agevolazioni, che però non bastano per crescere e per far crescere tutto il panorama delle startup italiane.

Chi vuole investire non solo non lo fa in Italia, ma scappa dall'Italia. A Roma si dovrebbero chiedere il perchè. Se non erro siamo il primo o il secondo paese europeo più tassato. Per non parlare delle regolamentazioni confuse. Meno paletti, meno corvi sulle spalle e forse qualcosa si muove.

In realtà in Italia mancano proprio investimenti pubblici ma anche business angel o venture capital. Qualcosa c'è, ma rispetto ad altri Paesi è molto poco...

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Purtroppo in Italia, spesso e volentieri se avvii una nuova attività che non è stata ancora regolamentata dal punto di vista fiscale, ti ritrovi a non sapere come dichiarare i redditi. Il che è abbastanza assurdo..