Conoscere Eric Shuman: Introduzione

in #ita6 years ago

Quanto segue si potrebbe definire il capitolo introduttivo di un racconto suddiviso in capitoli a sé stanti. Si tratta di un esperimento che sto facendo per vedere quanto riesco a trasmettere le emozioni e i punti di vista inusuali e difficilmente condivisi di una persona decisamente particolare. Questo capitolo vuole principalmente delineare il contesto narrativo dando un assaggio di come verranno vissute le tematiche dei capitoli successivi senza però mostrare una concretezza del protagonista e rimanendo completamente introspettivo. Detto questo, spero possiate darmi consigli per migliorare i prossimi capitoli. Buona lettura!

Conoscere Eric Shuman


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fonte PIXABAY - Immagine CC0 creative commons

Capitolo primo:
Eric Shuman sa farsi degli amici

Mi hanno sempre detto che sono una persona banale.
Mi hanno sempre definito insignificante, ordinario, a volte sgradevole.
Ma una volta che le persone mi conoscono meglio cambiano subito idea e, riuscendo a prenderli per il verso giusto, ci divertiamo insieme. Sono io a scegliere le persone con cui giocare e tutti si divertono un mondo. A volte a lungo, a volte solo un po'.

Mi chiamo Eric Shuman e non sono mai solo.

Mi piace camminare lungo i marciapiedi stretti rasente agli alti palazzi. Nelle ore tarde quando non c'è il rumore del traffico. L'asfalto può avere un odore gradevole se non è coperto dai gas di scarico. Come me, che appaio sgradevole finché non mi conosci meglio.

Mi piace camminare lungo i marciapiedi stretti rasente agli alti palazzi. Quando c'è molta nebbia e tutto rallenta. Quando tutto è solo un'ombra finché non ti viene vicino.
Come me, che appaio ordinario finché non mi conosci meglio.

Mi piace camminare lungo i marciapiedi stretti rasente agli alti palazzi. Quando piove molto forte e le persone vanno di fretta. Quando i pochi passanti vedono solo la via più veloce per rincasare e fuggire la pioggia ma non quello che li circonda.
Come me, che sono insignificante agli occhi delle persone che rincasano finché non siamo entrati insieme.

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fonte PIXABAY - Immagine CC0 creative commons

I miei nuovi amici sono tutti sempre molto ospitali. Appena varchiamo la soglia, dopo aver mostrato la loro sorpresa nel vedermi dietro di loro a chiudere la porta della loro casa, iniziano subito a giocare con me. Mi fa sempre piacere vedere che sanno come divertirsi perché dimostra che so scegliermi bene gli amici.

Mi piace quando vogliono giocare a rincorrersi, perché non sanno che vinco sempre io. Anche se non conosco bene l'ambiente e dovrebbero avere un vantaggio, finisco sempre per raggiungerli. Dopo tanto tempo che gioco ho imparato alcuni trucchetti. Per esempio nella fretta di sfuggirmi spesso girano gli angoli curvando troppo stretti finendo per sbatterci lievemente. È un buon momento per guadagnare terreno. È molto importante mantenere una velocità regolare con solo brevi scatti nei momenti giusti in modo da non rimanere senza fiato. Mi piace contare i respiri dandogli un ritmo ben definito. Respiri non troppo brevi ma lunghi quanto basta. Dopo un po' il suono del mio respiro prevale sull'ambiente circostante, lo isola, e questo mi permette di sentire il battito del mio cuore, un ritmo deciso ma non affrettato. Alla fine l'ambiente si isola anche alla mia vista, un po' come un disegno su un foglio bagnato. Vedo solo l'amico da raggiungere e solo quello vedo bene. Non potete capire che musica intensa si forma nella mia mente. Un'orchestra fatta di passi, respiri e cuori che battono. Un ritmo primitivo, quello che le tribù di terre lontane ricreano fedelmente con tamburi di guerra. Passo, cuore, respiro. Passo, cuore, respiro. L'estasi, la trance, il sentirsi liberi, animali selvaggi, predatori. Quando poi li raggiungo è il crescendo finale di un orchestra onirica, la realtà recupera il suo posto nei miei sensi, rapida e incredibilmente rumorosa, i colpi di timpano e il battere dei piatti che sibila lungamente nel buio ad indicare il calar del sipario. Alla fine siamo di nuovo io e il mio amico, soli. Un po' mi dispiace vedere i miei amici frustrati dal non poter vincere contro un campione come me. Spesso piangono perché il gioco è durato poco. Ma io so sempre come tirarli su di morale. Per un gioco che finisce se ne può iniziare uno nuovo. Riesco sempre a farli giocare a lungo, finché non sono troppo stanchi o non è il momento per me di rincasare. Allora ci salutiamo, sempre con il sorriso anche se sappiamo che non ci rivedremo.

Mi piace quando vogliono giocare alla lotta, perché mi sottovalutano sempre. È come una partita a scacchi ma in un certo senso l'esatto contrario. Invece di aprire la partita muovendo un solo pezzo, immaginate di lanciare alla rinfusa le pedine e solo dopo che si sono fermate cominciare a calcolare le proprie mosse. Come il rincorrersi, anche questa è un esperienza estraniante, il mondo che ci circonda si ovatta, il tempo rallenta. È un gioco per chi sa osservare perché solo notando le piccole cose si riesce a guadagnare un vantaggio. Piccoli movimenti, il cambiare del respiro, un momento di distrazione. Sono queste le pedine che devo mangiare. Il mio occhio è la torre, il mio corpo l'alfiere, la mia mente la regina. Per questo motivo credo non esista niente come la lotta per capire e conoscere una persona. Una reciproca esplorazione inizialmente mentale divenuta presto fisica. Il contatto che riempie le mani, che risale per i sensi, che soddisfa il desiderio, come un neonato che si infila un giocattolo in bocca. In mezzo a un calcolato caos di movimenti si definiscono in breve tempo i propri ruoli che all'inizio sono continuamente ribaltati. Ruoli importanti che dicono chi sei. Dominato e dominatore, vittima e carnefice. Un po' mi dispiace perché è un gioco che stanca in fretta, ma la sorpresa nei loro occhi quando capiscono che sono più forte è impagabile. All'inizio non mi impegno al massimo per dar loro il piacere di credere di potermi battere. È importante che le persone credano in se stesse. Alla fine però sono costretto a batterli in modo eclatante, che il mio ruolo sia indiscutibile. Non devono pensare di poter avere una rivincita perché sappiamo che non ci rivedremo.

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fonte PIXABAY - Immagine CC0 creative commons

Mi piace quando vogliono giocare a nascondino. È la cosa che preferisco in assoluto perché posso prenderla con calma e osservare dove vivono. Si può imparare molto sulle persone da ciò che hanno in casa. L'arredo, le decorazioni, il mobilio, persino il profumo. Quando inspiro a piene narici l'odore di una casa mi sembra di respirare la loro storia, quasi mi sembra di sentire le loro voci. Voci che sento venire dalle fotografie sui mobili in eleganti cornici, ritratti di bei tempi da rievocare ancora oggi. La natura dei quadri sui muri esprime i bisogni repressi di chi li ha appesi dove può sempre vederli. Le figure dei dipinti in costante reperibilità rassicurano, confortano, istigano e giudicano coloro che li guardano in cerca di uno stimolo. Tutto nella loro casa racconta un po' della loro storia. Tutto mostra aspetti del loro carattere che a volte neanche loro conoscono. È così piacevole sentirsi in intimità con loro, è un po' come scoprire di essere lontani parenti. Non pensiate però che sia sufficiente a conoscerli bene. Quasi nessuno tiene in casa un oggetto come monito di un brutto ricordo. I pochi che lo fanno hanno imparato a crescere con le esperienze e godono di particolare stima da parte mia. A chi non dimentica un oscuro passato riservo un impegno speciale per dar loro un nuovo ricordo per il futuro. Quando penso di averli compresi abbastanza inizio a cercarli davvero e li trovo sempre, perché è stata la casa stessa a rivelarmi dove si sono nascosti. Non arrivano mai alla tana, vinco sempre io. Non lascio mai che arrivi il loro turno di cercarmi perché sappiamo che non ci rivedremo.

So che non sono un ospite perfetto. Lascio sempre molta confusione e non aiuto mai a riordinare. Però so che a loro non importa. Lo so perché ci siamo divertiti un mondo assieme e, quando vado via, continuano a guardarmi come se non volessero lasciarmi andare. Non posso resistere a quello sguardo, è la mia unica debolezza, ma non posso restare con loro per sempre, ho altri amici da conoscere e con cui giocare. Per cui non posso che portare con me i loro sguardi. Li conservo tutti gelosamente. In questo modo non li lascio mai e posso portarli a conoscere i miei nuovi amici. Siamo un gruppo molto affiatato.

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fonte PIXABAY - Immagine CC0 creative commons

Le persone spesso non capiscono quanto sia importante farsi degli amici e credono che non sia sano che faccia tutti questi sforzi per conoscere nuove persone. Loro non conoscono la gioia di giocare assieme. Dovrebbero anche loro imparare a tornare bambini per un po' e ricordarsi di quei tempi spensierati. Per questo mi piace quando i miei amici portano a giocare i loro figli. È bello risentire i suoni familiari al tempo della nostra infanzia e non c'è niente che ti riporta indietro così bene come la voce di un bambino, indipendentemente dal fatto che rida o pianga. Alcuni diventano tristi quando i bambini piangono ma dovrebbero sapere che è normale che lo facciano. Abbiamo pianto tutti, dopotutto.

È importante farsi degli amici perché solo loro sanno darti dei bei momenti da ricordare. È bello quando gli amici condividono le loro memorie più piacevoli. Racconto sempre ai nuovi amici dei giochi che ho fatto con gli altri così sanno quanto ci divertiremo e magari vorranno conoscere i protagonisti dei miei ricordi. Certo so bene che portiamo con noi anche ricordi brutti ma anche quelli servono a farti diventare ciò che sei e, soprattutto, ti fanno apprezzare quelli più belli.
Se vorrete ascoltare, racconterò tutto anche a voi.

Vi racconterò di come le mie avventure non sono quelle di un uomo banale.
Vi racconterò storie tutt'altro che insignificanti, ordinarie o sgradevoli.
Quando mi conoscerete meglio e vi avrò preso per il verso giusto ci divertiremo insieme. Speriamo che sia a lungo, ma andrà bene anche solo un po'.

Mi chiamo Eric Shuman e sono un assassino.

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Primo post bomba (se si esclude la presentazione)!!!\nVeramente un grande successo con quella che definirla introduzione mi sembra molto riduttivo.\nLa chiamerei di più: "adesso mettetevi comodi e guardate che storia ci racconto!"\n\nConsiglio: immagini molto belle e d'impatto. La formattazione comunque è altrettanto importante per il colpo d'occhio. Usa maggiormente il grassetto ed il corsivo, per rendere più "movimentato" il tuo testo. Inoltre, ma questo è a giusto personale, siccome mille volte II concetto sono brevi frasi, utilizza maggiormente andare a capo. Penso dia un'idea di velocizzazione di scorrimento testuale.\nSpero di essermi spiegato.\n😉👍

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