Nella tela del ragno

in #ita4 years ago (edited)

COME UNA BATTUTA SBAGLIATA PUÒ CAMBIARTI LA VITA

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Foto di Free-Photos da Pixabay

Bentrovati, Steemians.

È trascorso un po’ di tempo dal mio ultimo post; oggi scopriremo i motivi della mia sparizione.

Sicuramente il casino infernale che è diventato il mondo delle criptovalute non è stato un grande incoraggiamento a proseguire la mia avventura di “cripto-scrittore”. Voglio dire, nel mondo cripto qualunque cosa fai (che siano investimenti, programmazione, pubblicazioni o semplice turismo cibernetico) diventa obsoleta un mese dopo, e ci si ritrova a iscriversi continuamente a questo e quello senza mai concludere un benemerito, con un’intera chiavetta piena di password, contropassword, password di riserva, codici di emergenza che se l’avessero data a James Bond probabilmente avrebbe svestito i panni dell’agente segreto per aprire un chiosco di bibite.

Per chi ha vissuto nel Novecento, arriva un momento nella vita di un uomo in cui vuoi soltanto stappare una birra, stendere le gambe sotto il tavolo e dimenticarti di tutte queste menate digitali.
Ma non è tutto qui.
Perché se si trattasse solo di questo, uno potrebbe semplicemente prendersi una pausa.

I guai seri, in realtà, sono cominciati nel momento in cui ho scritto una certa recensione, all’epoca salutata con favore su tutti i social ai quali ero iscritto.
C’era anche una seconda versione edulcorata e politicamente corretta, che sarebbe dovuta uscire su riviste e giornali.
Io lo sapevo che quel personaggio non aveva tutte le rotelle a posto (avevo già avuto il piacere anni addietro), ma la gente un po’ fuori dagli schemi mi è sempre piaciuta entro certi limiti.
Non potevo immaginare che avremmo oltrepassato quei limiti fino a uscire del tutto dai confini della mappa.

Mi invita a casa sua e mi inchioda due giorni in ufficio per illustrarmi un progetto che rivoluzionerà per sempre l’editoria e forse anche la vita su questo pianeta.
Un manuale di crescita personale e autosviluppo, però fatto meglio degli altri. Una cosa vista con gli occhi dell’utente/ricercatore e non quelli dell’autore/venditore, insomma un completo ribaltamento della prospettiva che ci consentirà di entrare nelle case degli europei come i nuovi Batman e Robin del self coaching.
Allude a contatti già avvenuti con grossi editori nazionali e possibili investitori.

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Foto di MichaelGaida da Pixabay

Mi convince a mollare “Le Arcimaghe” e tutto il resto. Mi metto a studiare tecniche olistiche e psicologiche; butto giù appunti su appunti, dormo ogni due giorni, mi immergo entusiasta in un mare di esperienze.

Qualche mese dopo sono a Venezia con la prima bozza.
Non legge neanche una riga e parte subito con “Sono cambiate molte cose”. Mi racconta per l’ennesima volta la storia della sua vita, quattro ore di discorso ininterrotto al termine delle quali mi sento come se fossi appena uscito da un frullatore. A quel punto mi comunica che la recensione che ho scritto gratuitamente non uscirà; infine accenna vagamente a strategie commerciali e case studies che un ragazzino come me (35 anni, una dozzina di pubblicazioni come collaboratore, editor e consulente, più qualche saltuaria passeggiatina nel mondo del giornalismo e della pubblicità) non può davvero capire.
Morale della favola: se vogliamo pubblicare un libro di successo dobbiamo prima fare in modo di piazzare tutte le copie della sua monografia rimaste negli scatoloni, facendolo diventare ricco e famoso, “poi si vedrà”.

Comincio a intravedere un grosso cetriolo in rotta di collisione col mio lato b (non che ci voglia la sfera di cristallo), ma non sopporto l’idea di farmi cinque ore di treno tra andata e ritorno al solo scopo di ritrovarmi con un pugno di mosche. Così mi convinco a chiedergli di farmi una controproposta.
Dice che dovrei fargli da social media manager personale, per un guadagno bassissimo; in compenso, sarebbe una cosa da freelance che potrei fare nei ritagli di tempo libero, senza scadenze né grossi impegni, perché tanto so che se accetti un lavoro lo porti avanti, e sticazzi se non mi aggiorni l’account Twitter tutti i giorni, mi fido.
Ci penso.

Alla fin fine, sono seduto su una cartella di testi di mia proprietà che potrò sempre riutilizzare un domani, e ho in tasca un lavoretto comodo, di quelli che non ti svoltano la vita ma ti tengono a galla.
Onestamente? Pensavo peggio.
Mi riposo un paio di giorni, poi riparto più tranquillo. Mi rimetto a fare bozze in scioltezza per il nuovo progetto, fino all’incontro seguente.

All’ultima riunione scopro che non devo fare nulla; ma ormai sono già giunto a destinazione. Mi parcheggiano in un centro commerciale friulano e si mettono a comprare domini web per sette ore filate. Quando sono completamente rincoglionito, mi ringraziano della presenza e mi danno carta bianca per cominciare a pubblicare sui domini nuovi.
Almeno il tipo vuole offrirmi la cena.

Lo conosco da tempo, ho detto. Siamo amici, di quelli che sanno parecchio l’uno dell’altro.
Un minuto prima di entrare in pizzeria, ci mettiamo a spettegolare come comari su colleghi più famosi di noi, la sua compagna che ride estasiata guardandoci con occhi carichi di ammirazione. Forse si fa persino serata, comincio a pensare.
Mi chiede di un guru dell’editoria salutista che ha costruito un impero insegnando agli americani che le mandorle sono più sane dei cheeseburger.
Ho letto il suo libro di punta su suggerimento del mio amico, ma mi è piaciuto davvero poco, dico in tutta onestà.
Vedo che i suoi occhi cambiano da un momento all’altro, come se qualcosa si fosse improvvisamente impadronito di lui.

Cerco di svicolare; lui aspetta che entri, che mi tolga la giacca e che mi accomodi a tavola.
Poi comincia a coprirmi di insulti davanti a una trentina di avventori.
Così, da un momento all’altro.
La compagna gli dà corda e mi guarda come se avesse seduto davanti un sacco di merda. Anche lei ha cambiato espressione da un momento all’altro, come in una specie di film horror.
Io ve lo giuro.

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Foto di Ian Lindsay da Pixabay

Guardia completamente abbassata, reduce da trasferta lavorativa pesante come un macigno, in un luogo mai visto, in mezzo a gente mai vista e con un tipo che un secondo prima credevi di conoscere, quasi pronto a saltare da una parte all’altra del tavolo.
Crisi di panico di quelle brutali.
Balbetto cose senza senso, poi corro a chiudermi in bagno. Da come urla comincio ad accarezzare l’ipotesi che stia per venire a buttare giù la porta.
Non succede.

Anzi, qualche minuto dopo è lui stesso a tirarmi via di lì con le buone.
Quando ormai sono ridotto così male che accetterei l’aiuto di chiunque.
Mi offre un passaggio in macchina e sembra quasi sul punto di scusarsi.
Risaliamo.

Il tempo di uscire dal parcheggio e infilarsi in una specie di statale senza luci, sperduta nella bassa friulana avvolta dalla nebbia.
Poi ricomincia con gli insulti, e stavolta partono anche le minacce.
Ti faccio male, ti rovino per sempre, adesso tu ti penti di essere nato.
Urla come un pazzo e non guarda più la strada.
È come quella scena di Collateral, quando al tassista girano i coglioni fino alla luna.
Proprio come in quella scena, metto da parte anche l’orgoglio e comincio a supplicarlo di tenere almeno quel cazzo di volante.
Magari dopo prendimi a testate, però almeno tieni gli occhi sulla strada fino a quando non scendiamo.

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Foto di Pexels da Pixabay

Niente da fare. Atterra alla stazione dei treni sgommando e chiude le portiere. Mi inchioda al sedile strillando altre cose deliranti, offese miste a dichiarazioni d’amicizia. Rischio di perdere il treno e devo aspettare che abbia un attimo di esitazione per farmi strada in dieci centimetri di portiera socchiusa e squagliarmela di corsa.
Arrivo a casa stravolto, non dormo per due giorni e rischio di finire in analisi.
Poi abbandono per sempre il progetto.

Qualche giorno dopo, quando sto ancora cercando di rimettere insieme i pezzi, scatta il lockdown e mi ritrovo bloccato per mesi in una situazione impossibile.
Finisco per ammalarmi, non di Covid19, ma di sofferenza allo stato puro.
Nel frattempo, la maggior parte dei miei account sul web viene letteralmente spazzata via.

Non so se tra le due cose ci sia un nesso, e non voglio neanche stare tanto a pensarci.
Sta di fatto che mi sono rimasti Steemit e Blogger; e ho scelto la seconda, per le ragioni esposte all’inizio.

D’ora in avanti potrete seguirmi su michelevaldre.blogspot.com.

PS. Dalle ceneri de “Le Arcimaghe” è nata una fan fiction su Patreon che spero vorrete seguire. Ho rinunciato alla geografia e alla toponomastica del precedente progetto per abbracciare in toto quelle della Terra di Mezzo di J.R.R. Tolkien.

Sto lavorando anche ad altre pubblicazioni, ma potrebbe volerci parecchio. Tra un acciacco e l’altro, ormai il tempo a disposizione non è molto.

Grazie per l’attenzione.
Statemi bene e guidate con prudenza!

Michele