Scoprire che il piemontese non è una lingua universale.
Avete mai storpiato una parola del vostro dialetto, l'avete italianizzata e poi usata come se fosse una parola di uso comune? Avete mai usato parole del vostro dialetto pensando fossero italiane o scritte nei temi scolastici perchè proprio non riuscivate a tradurle in alcun modo?
A me capita da tutta una vita.
Uso termini che credo siano di dominio pubblico e poi vedo gente che mi guarda perplessa, con gli occhi a punto interrogativo, che mi fissa aspettando di capire cosa stia dicendo e alla fine mi chiede di ripetere. Io, a mia volta, li guardo stupita perchè “ho parlato in italiano, non si è capito?”. E no. Perchè non era italiano, ma un modo di dire piemontese che fin da bambina usavo senza troppi problemi e nel mio paese mi capivano.
Poi espatrio, lascio la mia terra, e con questo intendo dire che mi sposto di 25/30 km e non mi capiscono più.
Per non parlare di quando decido di andare in vacanza a Roma, piuttosto che a Firenze e lì è la fine.
Il termine, a me tanto caro, “babaciu” non è più pupazzo ma un “scusi?”.
“Grilot” non è grilletto, no! Non voglio uccidere nessuno e al ristornate mi tocca indicarlo perchè non so tradurlo.
“Buseca”, che non è un buco grande. Me la facevano mangiare quand'ero piccola, poi scopro cos'è e odio per sempre i nonni. In italiano, la trippa.
“Birò”, che ho pensato fosse italianissimo fino a 25 anni ed invece scopro dai miei parenti fiorentini che no, non è italiano. È la cassettiera della camera da letto.
“Gambarola” è intraducibile, ma sappiate che fa parte delle erbacce che rovinano una coltura e se volete scoprire cos'è, venite e andate nelle campagne del Piemonte, è pieno!
E poi c'è "Cicles", un termine che tutto il mondo ci invidia e credo non abbia bisogno di traduzione.
E le parole italianizzate a mio uso e consumo?
Un esempio su tutti: “scognare”, che ho fatto diventare un verbo quand'ero bambina e lo uso ancora oggi. Voce del verbo “scugnà” ovvero avere molto caldo, da sciogliersi.
Espressioni tipiche e di intercalari ne abbiamo a bizzeffe ed escono sempre fuori con il nostro bellissimo accento: la “r” un po' moscia, la “e” un po' aperta (un po' tanto). Basti pensare al famosissimo "neh", alla fine di ogni frase, il “già” messo a casaccio qua e là, tipo: “Dove ci troviamo già?”. Il “marca male” che non vuol dire marcare male ma “mi sa che andrà male” o mettere l'articolo determinativo davanti ai nomi di persona “Il pierino, il marco, la luigina”.
Che poi, noi Piemontesi non siamo solo falsi e cortesi, siamo anche grandi inventori di insulti alternativi.
Mandare a quel paese era troppo banale per il Piemontese medio, così si è inventato “ma va a ciapà di rat” o “ma vai a farti stendere” o il “boia pampluc” che usi quando sei molto arrabbiato ed è meglio tacere che dire ciò che si pensa.
E per chiudere il mio viaggio nel dialetto piemontese, il meraviglioso “ e bom” che significa “e niente” oppure “fine”, dipende dal contesto.
Il dialetto piemontese rispecchia molto il nostro essere.
Siamo duri come le nostre montagne, eleganti come le nostre città, ma anche gentili come le colline, buoni come il nostro vino e... bom.
N.b.: sicuramente i termini piemontesi non saranno scritti in maniera corretta. Abbiate pazienza, devo ancora studiare un po'.
ahahah ti rispondo proponendoti la lettura di un mio vecchio post, riferito alla medesima operazione: l'italianizzazione di alcune parole molto espressive :) https://steemit.com/ita/@heidi71/dialetto-ed-espressivita-il-piacentino
Grazie @heidi71, lo leggerò volentieri.
Bello, brava! Hai ragione, è una cosa comune e non succede soltanto ai piemontesi, mi hai fatto venire in mente due episodi della mia cara adolescenza! Una prima volta, ho chiesto a un tipo di Recanati, di passarmi le mie "tappine" (ovvero le ciabatte, in tutte le loro declinazioni), con ovvia faccia da pesce lesso e io che lo prendo per scemo (eh, mica ci avevo riflettuto che potesse essere un errore mio, brilla com'ero!). Una seconda volta, invece, a Roma, stavamo facendo pulizie straordinarie in casa e ho detto che dovevamo "smontare la zineffa" (il bastone che regge la tenda di una finestra o porta) e sono stata osservata come un alieno!
Insomma, ti capisco! Inoltre, alcune espressioni sono quasi del tutto intraducibili o, semplicemente, una volta tradotte perdono il senso originario e l'efficacia (noi siciliani abbiamo una serie di parole, spesso volgarotte, che sono belle e potenti in dialetto, ma perdono molto in traduzione). Insomma, lost in translation!
Sono pienamente d'accordo. Dovremmo tentare di mantenere viva la tradizione senza traduzione.
Da qualche parte devo avere in giro il dizionario degli insulti piemontesi: magnifico.
Il piemontese è, come tutti i dialetti italiani, molto ricco, ma si distingue dagli altri per gli insulti, ne ha un numero incredibile, alcuni vere e proprie opere d'arte.
Vero! siamo bravissimi
Ogni dialetto ha certamente le sue peculiarità, e quello piemontese non è da meno, come egregiamente evidenziato tu in questo interessante e gradevole post
Grazie mille, @mad-runner
Fortissimo il tuo post, mi hai fatta scompisciare! Uso il termine "scognare" da una vita e mi guardano tutti male, così come "cicles" che solo noi possiamo usare, da piccola al mare in Liguria, amichetti milanesi "cos'è che vuoi? Un Kleneex???". Nessuno mi capiva!
Sono cresciuta con nonni che parlavano solo il piemontese quindi di alcune parole ho scoperto la corrispondenza in italiano solo moltissimi anni dopo, tipo "bagnur" sapere che fosse innaffiatoio, forse ero già maggiorenne! Pensa che in un tema alle elementari non sapendo il corrispondente di "barge'" (pastore) in italiano l'ho scritto così come si legge!!! Io adoro il piemontese e cerco di tramandarlo un po' anche ai miei bambini perché non voglio che la tradizione si perda neh!
Ciarèa madamin
ahahaha! bellissimi ricordi.
Io tento di parlarlo, ogni tanto però con scarsi risultati. L'importante è provarci
Cerea neh ;)