Il beccamorto vestito di rosa - The grave-digger dressed in pink

in #writing4 years ago

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Io sono vestito di rosa.
Sono un necroforo, ma vestito di rosa.

Dico ma, perché tutti i miei colleghi sono vestiti di nero.
Io no, io sono vestito di rosa.
Sono un necroforo, cioè un becchino.
Un beccamorto.
Pungo i cadaveri, li becco, per vedere se sono veramente stecchiti.
Ci sono morti che fingono di essere morti.

Si. Stanno immobili come baccalà, ma se li becco con il mio punteruolo, i falsi si svegliano e saltano su come grilli.
E io gli dico: “Tranquillo. Andrà tutto bene.”
Quelli si scusano. “Non ce la facevo più a sopportare mio fratello…ruttava sempre.” oppure “Non riuscivo più a guardare la tv…non c’era più neanche un programma che mi piaceva…”
E io: “Tranquilla. Andrà tutto bene.”
Oppure mi raccontano “Mi facevano sentire un verme a scuola. Si incazzavano perché leggevo Thomas Mann. Che cosa c’è di male a leggere Thomas Mann?”
“Tranquillo. Andrà tutto bene”.
Sono vestito di rosa per non impressionarli quando si risvegliano da quelle morti apparenti.
E poi li consolo.
Metto una musica di Bach o di David Lang.
E loro si alzano dalla bara e vanno incontro alla loro vita.
Qualcuno mi ringrazia, qualcun altro mi guarda storto. “Che cazzo vuoi da me? Potevi lasciarmi in quella bara. Stavo così bene! Supino, ho sempre voluto stare supino. Supino è il massimo, stronzo! Quando potrò mai stare supino così?”
Io non mi offendo. Mai.
Ce ne sono più di quelli che immaginate, di finti cadaveri.
Sono gli arresi.
Li chiamo così. Arresi. Non accettano più le discrepanze dell’esistenza.
Un professore di filosofia. L’ho punto. “Ahi!” “Mi scusi se la disturbo.”
Anch’io mi scuso con loro, qualche volta.
Lascio che spieghino. Loro, quando si destano, hanno bisogno sempre di spiegare.
“Come facevo a insegnare Spinoza se poi quelli preferivano le barzellette di Totti. Io non ho niente contro Totti, ma Spinoza mi appariva nel sonno e mi diceva che era triste, molto triste. Un giorno improvvisamente è diventato tutto buio, ho sentito il fischio di un treno, il rumore di ciabatte che strisciavano per terra e più niente. E ora sono qua. In una bara.”
“Lo so, lo so. Succede. Tranquillo, andrà tutto bene.”

La direttrice di una scuola materna. Piombata in catalessi.
Me la trovo distesa nel letto di morte. Pungo. Punture delicate, non violente. Parla subito.
“Odiavo i genitori dei bambini. Piano piano li odiavo. Li crescono con la bambagia. Non gli dia da mangiare questo, non lo faccia dormire con il buio, ha bisogno di una lucina, non lo faccia giocare con i neri né con i gialli, lo tenga lontano dalle fonti di calore, gli cambi la maglietta tre volte al giorno, non gli racconti le favole con l’orco cattivo ma solo quelle col principe azzurro, non gli racconti la fiaba del brutto anatroccolo, gli insegni l’inglese e non lo spagnolo…e così via.”
“Tranquilla. Andrà tutto bene.”
Questi falsi morti diventano tali per una strana devianza psichica.
E’ una malattia mentale ancora indecifrabile. Non scelgono coscientemente di morire per finta. Succede, come succede che crescono i capelli o che ti viene la forfora in testa o meglio come improvvisamente ti spunta un neo sulla coscia o come da un giorno all’altro diventi agorafobico.
La cosa strana è che quando si risvegliano non sono stupiti della situazione.
E’ come se fosse una cosa normale.
Sono dei matti speciali.
Questi arresi hanno qualcosa in comune: hanno una morale ferrea, un’etica irremovibile basata su amore, fratellanza, rispetto e uguaglianza.
Non riescono a smussare gli angoli e precipitano nel vuoto.

Un contadino. I miei colleghi l’avevano pulito e vestito con l’abito della festa. Adagiato nella bara di castagno sembrava un sereno dipartito. L’ho guardato. L’ho stimolato. Ha aperto gli occhi.
“Transgenici, diserbanti, coltivazioni seriali, polli ad allevamento intensivo, poveri pulcini, poveri poveri pulcini, rifiuti inquinanti, inquinamento delle falde acquifere, conservanti di merda, fossero di merda, almeno la merda è concime naturale, ma non so neanche più se il letame è naturale… perché mi ha svegliato? Me ne volavo nell’eden, nel giardino dell’eden sarà tutto biologico ed ecosostenibile, no?”
“Stia tranquillo, andrà tutto bene.”
Ripeto come un mantra la stessa frase “Tranquillo, andrà tutto bene.”
Ho sperimentato che per qualche minuto li consola, li rasserena.
Così come la vista del mio vestito rosa.
Qualcuno mi fa i complimenti per il mio vestito rosa.

Si rialzano e riprendono il cammino della loro vita.
“Tranquillo. Andrà tutto bene.”
C’era una bellissima ragazza. Sembrava un confetto. Ferma immobile. L’ho punta.
E’ balzata su come una molla.
“Cazzo guardi?! Mi vuoi scopare? Perché no?! Io ho tre lauree, ma tutti mi vogliono toccare, palpare, scopare e cose simili! Ho la laurea in archeologia, ingegneria e chimica. Ma no. Spogliati gli leggo negli occhi! Sono un luogo comune vivente. Voglio essere un luogo comune morta! Lasciami morta!”
“Tranquilla. Andrà tutto bene.”
“Non andrà tutto bene per un cazzo!”
E’ l’unica che mi ha risposto, è l’unica che sa la verità.
Andrà tutto bene solo per uno su un milione.
Gli altri ciccia.
Ma io ho il vestito rosa. E’ la mia arma vincente.
Mi ha guardato. Si è messa a ridere. “Bel vestito!”
Io le ho gridato “Sposami! Sarai la mia scienziata preferita!”
Ci siamo sposati.
Tutti e due vestiti di rosa.
“Tranquilla. Andrà tutto bene.

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I disegni sono dell'autore